Cosa Mangiare ad Ariccia
Porchetta
La porchetta è un prodotto tipico della tradizione gastronomica laziale dei Castelli Romani, ma il luogo di nascita è Ariccia, dove la lavorazione della carne suina era conosciuta fin dai tempi dei primi insediamenti latini.
Sembra infatti che i sacerdoti dell’antica Aricia erano soliti preparare carni suine speziate da offrire in sacrificio a Giove Laziare e che nei secoli successivi la ricetta soddisfacesse le richieste della nobiltà romana che si recava in villeggiatura nelle ospitali terre di Ariccia, così come oggi avviene per i turisti attratti da questa delizia gastronomica.
Le famiglie di salumieri locali si contendono il primato della lavorazione più antica ma ad ognuno appartiene un metodo di preparazione genuino che ha reso la porchetta di Ariccia famosa in tutto il mondo per via della squisita crosta croccante che circonda le tenere carni aromatizzate.
Il metodo di lavorazione tradizionale è stato convertito in uno standard produttivo e nel 2011 la Porchetta di Ariccia è stata ufficialmente riconosciuta prodotto ad Indicazione Geografica Protetta vincolato alla produzione nel Comune di Ariccia, unico ad avere determinate caratteristiche climatiche e minerarie legate alla folta vegetazione di latifoglie, alla presenza del Vulcano Laziale e, in particolare, al continuo spirare di venti che garantiscono una riduzione dell’umidità delle carni così uniforme ed ottimale da poter ottenere solo ad Ariccia quella tipica croccantezza della crosta che rappresenta la sua peculiarità principale, conosciuta ed esportata in tutto il mondo.
Il disciplinare di produzione prevede la selezione di suini femmine, dalle carni più magre, disossate partendo dall’interno della carcassa per mantenerla intatta. Poi le carni vengono massaggiate con sale fino, lasciato assorbire prima di procedere alla speziatura manuale, con gli stessi aromi di sempre: rosmarino, aglio e pepe nero. La carcassa viene poi abilmente legata per mantenere la compattezza delle carni durante e dopo la cottura al forno, che si protrae per ore. Una volta cotta, la Porchetta viene fatta raffreddare, in modo da eliminare liquidi di cottura e umidità accumulata dalle carni e poi commercializzata in forma intera (zampe anteriori, posteriori e/o testa) o di tronchetto.
Primi piatti tipici: Carbonara, Amatriciana, Gricia, Cacio e Pepe
Le ricette tipiche del territorio derivano in larga misura dalle pietanze preparate secoli addietro da pastori e contadini.
Allevando pecore, maiali e galline si ottenevano risorse alimentari per affrontare il periodo invernale e gli spostamenti con i greggi lontano da casa, quando c’era bisogno di consumare cibo sostanzioso che si conservasse per lunghi periodi.
Proteico e ricco di vitamine, il formaggio di pecora veniva lavorato durante la stagione estiva, lasciato stagionare e poi consumato come cibo a sé o condimento per arricchire il sapore di piatti più poveri.
Il maiale non aveva scarto, la carne veniva essiccata o arrostita e con il grasso si otteneva lo strutto, usato a posto dell’olio di oliva e, quando ancora non esisteva la refrigerazione, o si conservava sotto sale o si ricopriva con il pepe nero per mascherare odori e sapori della carne avariata.
Dalla lavorazione del grano si otteneva la pasta fatta in casa e lasciata seccare.
Questi gli ingredienti principali, con qualche variante come l’aggiunta di uova o pomodoro, che si ritrovano da millenni nella cucina tipica laziale e nei piatti più rappresentativi da gustare nelle fraschette di Ariccia.
Carbonara
Nella ricetta della Carbonara ad esempio si condisce la pasta lunga con uovo, pecorino, pancetta e pepe e sembra sia nata tra le fila dei soldati americani di stanza sugli Appennini nei dintorni della campagna laziale, quando in preda alla nostalgia di casa unirono gli ingredienti locali che più ricordavano uova e bacon della loro colazione.
Amatriciana
La pasta alla Amatriciana prende il nome dalla cittadina di Amatrice ed è stata introdotta nel XVIII sec. dagli osti dell’entroterra che si erano trasferiti vicino a Roma, creando una pietanza squisita già molto in voga a quei tempi. Nella versione originale che si può gustare ad Ariccia, a differenza della variante romana che include cipolla e aglio, si usa pasta cava come i bucatini che assorbono meglio il sugo di guanciale rosolato nello strutto, pomodoro, pecorino grattugiato e pepe nero.
Gricia
Se non la più nota, la ricetta più antica proveniente da Amatrice è sicuramente la Gricia, introdotta dai pastori che dai cibi portati da mangiare durante la transumanza inventarono la gricia unendo guanciale, pecorino (non romano perché meno delicato) e pepe.
Cacio e Pepe
La più tradizionale tra tutte è la pasta cacio e pepe di cui si perdono le origini ma non il metodo originale di preparazione: pecorino romano stagionato unito al pepe a cui amalgamare a freddo la pasta ancora intrisa d’acqua calda.
Arrosticini di pecora
Pecora e maiale offrono carni saporite che si prestano a diverse cotture ma le più tradizionali sono semplici e nascono dai contesti rurali.
Ad esempio, i pastori abruzzesi che dagli Appennini scendevano verso le più ospitali campagne laziali, importarono un metodo di cottura della carne riproposto tra i piatti tipici laziali: gli arrosticini ovvero sottili spiedini in cui vengono infilati piccoli cubetti di carne ovinacotti alla brace su griglie speciali.
Ora si utilizza ovino castrato o agnello, dal sapore più delicato ma i pastori di un tempo, non potendo abbattere un capo giovane per cibarsi, mangiavano carne di pecora adulta la cui carne ha un forte sapore e richiede di essere marinata e bollita a lungo prima di essere consumata; tagliandola a pezzetti piccoli riducevano l’impatto del sapore.
Ad Ariccia la carne di pecora viene servita anche in bocconcini privi dello spiedo, sempre e comunque accompagnata dalle bruschette, fette di pane casereccio unte con olio extravergine di oliva.
Coppiette
Il maiale, oltre che Porchetta di Ariccia IGP, è protagonista indiscusso della cucina laziale anche come insaccato o carne arrosto, in particolare braciola e salsiccia, quest’ultima ricavata anche dal cinghiale.
La carne di maiale ha di recente sostituito quella di cavallo come variante di una pietanza tipica di Ariccia: le coppiette.
Quando un cavallo periva o veniva abbattuto, i pastori per non sciuparne la carne la tagliavano a striscioline e la essiccavano su fuochi improvvisati per consumarla durante il tragitto.
Ben presto questa tecnica fu perfezionata nelle campagne e per far sì che la carne si conservasse a lungo,veniva cosparsa con molto sale, pepe e peperoncino, piegata a metà, legata con un filo rosso e appesa davanti al fuoco ad essiccare.
Gli osti delle Fraschette, scoperto quanto fossero gustose, le decoravano con nastri rossi e spighe di grano, le mettevano in cesti di paglia e le servivano in abbondanza agli avventori per stimolare la sete ed indurli a consumare più vino.
Romanella e altri Vini
Tutte le pietanze che fanno parte di un patrimonio culinario regionale trovano naturale accompagnamento nei vini tipici della stessa zona geografica. Ariccia non fa certo eccezione a questa regola aurea e alla storia millenaria dei suoi cibi abbina una tradizione enologica altrettanto antica.
Il primo esempio è la Romanella. Per contrastare il sapore piccante e la consistenza grassa dei cibi tipici serviti nelle Fraschette (porchetta, coppiette, sott’oli, formaggi stagionati) bisognava servire un vino frizzante (lo stesso abbinamento fra insaccati modenesi e Lambrusco) che non fosse di eccelsa qualità per poterlo continuare a servire copiosamente a poco prezzo e che fosse poco impegnativo da realizzare per averne sempre a disposizione grandi quantità.
Gli osti di Ariccia quindi vinificavano grossolanamente vitigni a bacca rossa (comuni e autoctoni come cesanese o grechetto) e a bacca bianca (malvasia e trebbiano),aggiungendo zuccheri per accelerare la fermentazione ed ottenevano questo vino frizzante da servire fresco.
Oggi la Romanella prodotta secondo disciplinare con uve a bacca bianca, ha acquistato dignità legislativa ed è una tipologia denominata Roma DOC Romanella Spumante.
Frascati Doc
Abbinato ai cibi più leggeri, come pesci, minestre e zuppe di cereali, il vino Frascati (oggi una DOC laziale e, nella versione Frascati superiore, DOCG) dalle straordinarie proprietà organolettiche persistenti e fruttate, ottenuto da Malvasia bianca e altre uve autoctone a bacca bianca in diversa percentualeda sempre coltivate nei terreni vulcanici ricchi di minerali ed esposte a brezze costanti e leggere, è antichissimo.
Questo vino si beveva comunemente alle feste Vinalia per celebrare il vino nuovo e Catone per primo ne fissò le regole di vinificazione. Era anche lo stesso vino nuovo che gli osti pubblicizzavano ai viandanti dell’Appia Antica ponendo una frasca sull’uscio dell’osteria, da cui il nome Fraschette, e il Frascati dell’antica usanza conserva il nome.
Un altro vino della zona, il Marino, si presentamolto versatile negli abbinamenti ai piatti tipici ariccini. Dalle uve di Malvasia, uve bianche autoctone e altre comuni in percentuale variabile, derivano molteplici tipologie (superiore, passito, frizzante, spumante, …) e tipi di vino(dolce, secco, amabile, abboccato), a seconda della vinificazione.
Come gli altri vini locali, anche quello prodotto nella città di Marino, dal sapore fruttato e gusto amarognolo, risultava particolarmente gradito al palato di Imperatori, Cardinali e alte personalità della storia.Per celebrare tanta fama, dal 1925 ogni anno alla Sagra dell’Uva le fontane della città versano vino invece di acqua.